venerdì 24 marzo 2017

UN RICCIO TRA LE MACERIE di Tommaso Di Brango


Gettò uno sguardo su quel che rimaneva della Madonna della Libera ma la cosa non gli diede alcuna emozione. Non era più un ragazzo quando se n’era andato da Aquino, ma nonostante fossero trascorsi appena cinque anni adesso si sentiva un Matusalemme. Ripensò alla Grecia e ai campi in Germania. Gli venne voglia di fumare.
Voltò le spalle alla chiesa e vide solo terra smossa ed erbacce di fronte a sé. I suoi genitori se n’erano andati prima della guerra e, malgrado avesse trentatré anni suonati, non si era mai sposato e non aveva figli. Di quel che il su mondo era stato prima del 1940 rimanevano soltanto lui e suo fratello, mentre quel che sarebbe diventato stava in quella terra smossa e nelle macerie delle case da ricostruire. In quel momento, però, voleva solo fumare, anche se sapeva che trovare una sigaretta ad Aquino sarebbe stato impossibile.
Cominciò a camminare nervosamente. Si allontanò dai resti della chiesa e andò in direzione della scalinata antistante, anch’essa diroccata. Pensò che avrebbe dovuto cercarsi un lavoro e che non poteva permettersi il lusso di guardare troppo a lungo le macerie. Considerò anche, però, che non gli sarebbe stato troppo difficile, perché i caporali si recavano in piazza tutte le mattine a reclutare sfaccendati per i padroni. Gli sarebbe bastato farsi trovare sul posto il giorno seguente, tanto più che in paese era noto perché prima della guerra aveva fatto il muratore.
Questo pensiero gli diede una sorta di brivido. Si sedette sui resti della scalinata e, voltando la testa sulla sua sinistra, vide un riccio che camminava nell’erba. Lo guardò negli occhi e pensò che ce l’avrebbe fatta anche stavolta.

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