martedì 11 aprile 2017

ESTATE DELLA NOSTRA FANCIULLEZZA di Paolo Secondini



Giocavamo per strada, nelle sere d’estate della nostra fanciullezza. Correvamo, saltavamo, gridavamo, sotto un cielo trapunto di stelle, nel mezzo del quale splendeva il viso rotondo, argenteo della luna.
«Non mi prendi, non mi prendi.»
«Di là, di là.»
«Son qua.»
«Ahi!»
«Non lasciarlo.»
«Sì, sì!»
«Acchiappalo, acchiappalo!»
«Non farlo scappare.»
«Oh!»
«…otto, nove, dieci: chi è dentro è dentro, chi è fuori è fuori.»
«Ehi, ehi.»
«Uh! Oh!»
«Buuuuuuuuh!»
«Tana libera tutti.»
«Uno, due, tre, stella!»
«Regina reginella, quanti passi devo fare per venire al tuo castello con la fede e con l’anello, con la punta del coltello?»
Le nostre voci si alzavano acute, attiravano il lento guardare degli adulti – uomini e donne –, al fresco sull’uscio di case popolari.
Essi narravano fatti di tempi lontani: fatti ora lieti, ora tristi, che non suscitavano il nostro interesse, come invece in altre occasioni, quando immobili, assorti, il fiato sospeso, sedevamo per terra ad ascoltare.
Non paghi di giochi e di allegria, guardavamo gli adulti a nostra volta, sperando vederli sempre là per moltissimo ancora: vederli parlare, ridere… piangere anche.
Ma quando l’ultimo d’essi rincasava, rincasavamo anche noi, ciascuno chiamato dalla mamma:
«Antonio!»
«Lidio!»
«Lisa!»
«Mario!»
«A casa!»
«È tardi!»
D’un tratto deserta e silenziosa, la strada pareva che dormisse, sotto il cielo trapunto di stelle… nelle sere d’estate della nostra fanciullezza.

 

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