sabato 16 settembre 2017

C’ERA UNA VOLTA UNA FAMIGLIA DI CARTAI di Camillo Marino

È diventata per me una promessa, un progetto irrinunciabile, come si mi fosse stato consegnato il testimone. Da quando mio padre non c’è più il pensiero si è fatto ricorrente, quasi tormentoso, fino a far crescere a dismisura il desiderio di svelare, di sapere quale fosse l’identità della mia famiglia. Mio padre affidò a me questo testamento morale, spirituale, lui che come pochi era fiero e orgoglioso delle sue origini. Un nome, una città, un mito tra la gente marinara: Amalfi! Non a caso anche il cognome che porto, Marino, ne sottolinea la provenienza. Avevo poco più di 10 anni quando ebbi la ventura di soggiornare ad Amalfi, la città natale di mio nonno, Camillo Maria Marino, che lì nacque il 28 febbraio del 1878. Intorno alla metà degli anni Cinquanta fui ospite, insieme a mio padre e ad alcune sorelle, degli eredi di Francesco Marino (zio Ciccillo, come soleva chiamarlo mio padre), un caro cugino di mio nonno. Francesco Marino era stato un mastro cartaio, proprietario di una cartiera ad Amalfi presso “a Ferriera”, dove mio padre, giovanissimo, aveva lavorato. La famiglia Marino, da generazioni, era costituita da valenti e laboriosi cartai. Delle cartiere, della carta di Amalfi è nota la leggenda! Ancora oggi la carta a mano di Amalfi è famosa nel mondo. Come dicevo, verso la metà degli anni Cinquanta arrivammo ad Amalfi presso “a Ferriera”, la cartiera di zio Ciccillo, morto alcuni anni prima; ci accolsero i suoi numerosi figli che gestivano la fabbrica paterna: Giovanni, Andrea, Tonino, Luigi, Rita, Lucia e Anna. La festa fu grande soprattutto per mio padre, che potè così riabbracciare gli unici Marino rimasti ad Amalfi. Per mio padre, inoltre, fu l’occasione per riconciliarsi con le sue radici, con il suo passato. A noi figli, già piccoli, aveva inculcato il mito di Amalfi, della sua famiglia, l’orgoglio di essere figlio e discendente di cartai. Purtroppo i ricordi di quelle giornate trascorse nella splendida Amalfi si sono annebbiati. Ricordo soltanto le piacevoli ore passate con uno dei figli di zio Ciccillo, Luigi, mio coetaneo. Non dimentico una gita in barca dove ebbi occasione di mettere in evidenza le mie discrete qualità canore, destando ammirazione tra i parenti presenti. Dopo quel soggiorno sono stato altre volte ad Amalfi. I contatti con i Marino, specialmente con Giovanni, dirigente tecnico presso una cartiera di Scafati, sono stati mantenuti, anche se non molto intensamente, da mio padre. Egli spesso si abbandonava a sentimenti di nostalgia, rievocando gli anni trascorsi ad Amalfi presso zio Ciccillo e suo fratello, zio Andrea (sposato con una Confalone), che gestiva una cartiera in località Marmorata di Ravello. Ho avuto modo di visitare successivamente questa cartiera, prima che venisse definitivamente trasformata in albergo-ristorante, sempre in compagnia di mio padre. In quella cartiera mio padre avevo gioito e sofferto le ansie, le soddisfazioni di un lavoro piacevole e duro. Altri tempi! Un lavoro di artigiani fatto di passione, sapienza, abnegazione ed esperienza. Degli antenati della famiglia Marino mio padre mi ha lasciato alcune notizie, anche se non molto precise. Le sue conoscenze, in tal senso, partivano da un antenato, mio omonimo, Camillo Marino, ovviamente cartaio, che ebbe tra figli: Giovanni, Raffaele e Francesco. Giovanni ebbe a sua volta Andrea e Francesco (zio Ciccillo); Raffaele ebbe Camillo Maria (mio nonno) e Teresa; infine Francesco ebbe come unico figlio Giuseppe.
Tutti cartai! Ironia della sorte, anche io ho fatalmente conosciuto il mio primo, serio lavoro presso la cartiera Vita-Mayer di Ceprano in qualità di impiegato tecnico. Anch’io dunque ho avuto la possibilità di conoscere i segreti e il fascino della produzione della carta. C’è stato forse lo zampino degli antenati: una professione cromosomica! Ma torniamo alle mie origini e a come i Marino giunsero ad Aquino. Il nonno di mio padre, Raffaele Marino, aveva una cartiera ad Amalfi. Era sposato con Carolina Lucibello, figlia anch’essa di cartai, e pronipote del Vicario di Amalfi, Andrea Lucibello, che fu anche vescovo di Aquino, Sora e Pontecorvo. Mio padre mi raccontò che suo nonno, Raffaele Marino, subì una sciagura in seguito alla quale andò perduto in mare, a causa di un violento nubifragio, un notevolissimo carico di carta destinato al mercato di Oriente. Questo episodio segnò profondamente la piccola cartiera e Raffaele Marino, in breve tempo, dovette chiudere i battenti e volontariamente esiliare anche per via del suo carattere orgoglioso e austero. Si trasferì infatti in un paesino del Casertano, Prata Sannita, dove ci sono tracce dell’esistenza di una cartiera presso la quale, presumibilmente, prestò la sua opera. Naturalmente il figlio Camillo Maria (mio nonno) seguì il destino del padre e operò anch’egli presso la cartiera di Prata Sannita. Questa cartiera, come quelle di Aquino e Guarcino, era di proprietà dei Procaccianti. Da qui nascono le circostanze che condussero al matrimonio mio nonno Camillo con mia nonna Antonia Iacovella di Aquino. Antonia Iacovella era una delle tante giovinette che lavoravano alle dipendenze delle cartiere Procaccianti e nell’ambito del lavoro avvenne l’incontro che successivamente portò al matrimonio con Camillo Maria Marino. Si stabilirono così ad Aquino dove nacque mio padre Libero e la sorella Canneta. Mio padre, giovanissimo, come già detto, aveva lavorato presso le cartiere degli zii Andrea e Francesco in Ravello e Amalfi. Sono stati proprio questi contatti, nei luoghi più belli del mondo, come diceva mio padre, a trasmettere a noi figli il mito, il culto di Amalfi, l’amore e la forte passione per le nostre origini. Alcune settimane scorse, sospinti da questo intenso desiderio, mi sono recato ad Amalfi  dove presso una cartoleria ho avuto modo di acquistare la mitica carta a mano di Amalfi. Inoltre, per caso, ho anche acquistato un libro intitolato “Amalfi, il primato della carta” di Giuseppe Imperato.
Il libro riguarda le origini delle cartiere amalfitane. Fra le note, con mia piacevolissima sorpresa, ho potuto leggere di un mio antenato, Luigi Marino, che era fra quelli che possedevano una cartiera con oltre 40 operai nell’anno 1885. Quest’occasionale ritorno ad Amalfi ha accresciuto notevolmente il desiderio di sapere qualcosa di più circa l’identità della mia famiglia. Qualche giorno dopo ho pensato che potesse essere utile alla mia ricerca mettermi in contatto con la Curia Vescovile di Amalfi. Senza indugiare più di tanto, ho telefonato al responsabile della Curia stessa il quale, alla mia richiesta, molto gentilmente mi ha fornito il recapito del prof. Salvatore D’Amato di Amalfi, che tra l’altro è uno studioso di storia patria e abituale frequentatore degli archivi della Curia. Messomi in contatto con il prof. D’Amato, durante il cordiale colloquio, mentre cercavo di spiegare i motivi che mi spingevano a fare questa indagine storica sulle origini della mia famiglia (dicendo, tra l’altro, che da ragazzino ero stato ospite presso parenti in Amalfi, nella cartiera degli eredi di Francesco Marino), il cortese interlocutore interrompendomi quasi bruscamente ha esclamato: “Noi siamo parenti!” La frase, raccolta dall’altro filo del telefono, mi fece accapponare la pelle e suscitò in me sentimenti di gioia, di stupore, di piacevole sorpresa e incredulità.  Poi il prof. D’Amato aggiunse:  “Francesco Marino era mio nonno!” Per caso, incredibilmente, come se ci fosse stata la mano di un regista misterioso, mi ero incontrato, anche se solo telefonicamente, con il figlio di Lucia Marino, una delle figlie di zio Ciccillo, nella cui cartiera, da ragazzo, intorno agli anni Cinquanta, fui ospite. Incredibilmente i nodi con le mie origini si erano riallacciati. Per fare una ricerca, per avere notizie in loco della mia famiglia, non potevo certo trovare persona più giusta. Col prof. Salvatore D’Amato ci siamo scambiati gli indirizzi e la reciproca promessa di incontrarci prossimamente ad Amalfi. Di solito sono scettico, per niente incline a fantasticherie, però di fronte a questa sorprendente storia non è esagerato dire che ho avvertito come un intervento di una presenza soprannaturale: forse lassù qualcuno si diverte ad allestire trame insospettabili, capaci di risuscitare la memoria di eventi vissuti, brandelli di vita spariti tra le pieghe del tempo.

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