(Foto: La famiglia di Crescenzo Spada
con la moglie Pasqualina Tomasso, che ha in braccio la piccola Adelina e,
quindi, a seguire, gli altri loro figli: Alessandro, Giuseppe, Teresa e Maria.)
La
più lontana presenza di zingari stanziali in Aquino viene fatta risalire ai
primi decenni del XX secolo come confermano varie testimonianze - tra le altre si ricordano
quelle della sig.ra Francesca Di Folco e del compianto sig. Antonio Gerardi - che, però, anche se rese da persone ormai avanti
negli anni, inevitabilmente non vanno al di là di una certa epoca: di
conseguenza, non possono precludersi, ovvero escludersi, stanziamenti
preesistenti: ad esempio, Tommaso Di Nallo (Aquino nostra. 1990, anche per le successive citazioni) scrive, ma senza circoscriverne l’epoca, che «da
noi ci son stati in pianta stabile per forse cent’anni» e poi aggiunge che
«alcuni di essi furono soldati nella guerra 15/18».
Si
ha, invece, un ricordo abbastanza nitido dei due capostipiti, diciamo così, cioè
Alessandro De Rosa ed Antonio Spada che abitavano ad un centinaio di metri di
distanza l’uno dall’altro in quella zona di Aquino ai margini del burrone delle
Pentime - perciò detta ‘n’pónta alle
Péntema’ - che fu, con l’altra oggi tagliata da via Giovenale, quella dove
in un’epoca imprecisata ma presumibilmente dalla fine del XVII secolo gli
aquinati cominciarono ad andare ad abitare spostandosi, molto gradualmente, dal
borgo medievale sviluppatosi nel tempo intorno al castello dei conti di Aquino,
dove era nato San Tommaso.
Negli
anni Trenta del secolo scorso Alessandro, familiarmente detto ‘Zì Santuccio’, ed Antonio potevano
avere sui sessant’anni: l’uno abitava in prossimità della zona lambita
dall’autostrada, esattamente dove via Pescennio Negro è collegata a via Scacchi
da un piccola strada in discesa e, proprio per ciò detta, a quei tempi, ‘la
discesa’; Antonio, invece, in via Cavour in locali adiacenti l’edificio che
ospitava la caserma dei Carabinieri: si trattava, precisa Di Nallo, «di vani
terranei con la sola porta d’ingresso e la terra per pavimento».
Si
ignora se di questi vani Antonio ed Alessandro ne fossero i proprietari. Si
dice, però, che almeno quest’ultimo, al di là di quelli abitati, ne disponesse
di altri nei quali trovavano ospitalità gli zingari probabilmente dello stesso
ceppo familiare nelle loro occasionali venute ad Aquino. Gli altri, invece,
quelli, cioè, che non erano in rapporti di parentela o di amicizia, erano
soliti trovare riparo nel borgo medievale, in particolare in quella stretta
galleria al di sotto del palazzo dei Capozzella che da via San Costanzo
consentiva l’accesso ai cosiddetti ‘casarili’ - un piccola area del borgo a
fortissima intensità abitativa - oppure, al termine della stessa via, alla fine
della discesa, in quel passaggio coperto attraverso il quale forse un tempo si
accedeva all’esterno del castello, poi ai Pantani ed oggi al cosiddetto Parco
del Vallone. Non si esclude, però, che anche il porticato della chiesa della
Madonna della Libera fosse tra i luoghi preferiti dagli zingari per i loro
soggiorni aquinati.
Quanto
ad Alessandro ed Antonio v’è da aggiungere che essi avevano sposato due sorelle
- uno Rosina, l’altro Antonia - le quali, pare, fossero figlie di una coppia ‘mista’,
ovvero papà zingaro e mamma no, la quale, tuttavia, ben prestò aveva acquisito
usi e costumi rom.
Alessandro
e Rosina ebbero un solo figlio, Rosino, soprannominato ‘Cesidio’; Antonio ed
Antonia, familiarmente ’Ntoniella, invece, addirittura otto: Antonio,
Crescenzo, Maria Grazia, Benedetto, Celeste, Domenico, Alizio e Michelina. Se
alcuni di essi continuarono a vivere ad Aquino altri andarono via facendovi
ritorno, però, di tanto in tanto, chissà?, anche per nostalgia.
«Ora
è qualche domenica», racconta Di Nallo, «ne fu visto uno percorrere le nostre
vie e piazze; un bel tipo di zingaro alto, scuro, baffuto, col tondo cappellaccio
e lo sgargiante fazzolettone al collo. Riguardandosi intorno, andava e sostava,
andava e sostava, come a chiedersi: ma questo è ancora Aquino?... E fu male che
qualcuno, riconosciuto in quel sessantenne il compagno d’infanzia Alizio, non
lo andò a incontrare, a salutare, a ricordargli le arrabbiate lizze a spacca,
nella piazzetta della vecchia Cattedrale, con le trottole a quadrella e le
inesorabili cialenche a fine partita».
Ma
probabilmente i rapporti andarono anche al di là di questi giochi infantili se
è ancora Di Nallo a raccontare che «una volta uno zingaro s’imbatté in un
signore della piazza che recava a battesimo, in braccio alla balia, il suo
neonato, offerto al primo incontro sulla via della Madonna.
«Figurarsi
la gioia dello zingaro, il quale diventava così di diritto il padrino del
bimbo!
«Poi
ci fu al palazzo la gran festa per il battesimo e, tra gli scelti invitati,
tutta la famiglia zingaresca, col nuovo Compare a capotavola, il quale - c’è da
immaginarlo! - Compare qua... Compare là... - Né i buoni rapporti cessarono,
poi. E il meglio si fu che da quella comparanza lo zingaro si affrancò del
tutto dalla sua condizione, avviando una normale condotta di vita e inserendosi
con pieno merito nella comune società».
E,
come lui, altri, tant’è che vissero, ad esempio, con gli aquinati e come gli
aquinati, le drammatiche vicende cui il territorio fu sottoposto durante il
secondo conflitto mondiale. Di esse vi è la testimonianza in una eccezionale
immagine, scattata, si ritiene, da un fotografo di guerra, che ha fatto il giro
del mondo: una famiglia di Aquino sulla via dell’esodo. Guarda caso, la
famiglia di Crescenzo Spada, figlio di Antonio, con la moglie Pasqualina Tomasso
e Adelina, Alessandro, Giuseppe, Teresa e Maria, i loro figli. La foto venne scattata
dalle parti di Cerreto di Vallerotonda, luogo d’origine di Pasqualina, l’8
febbraio del 1944.
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