giovedì 1 giugno 2017

L’OMBRELLAIO di Paolo Secondini


Diversi anni fa, il vecchio Libero andava di casolare in casolare, per la vasta campagna aquinate, riparando ombrelli. Faceva assai bene il suo mestiere, secondo quanto gli aveva insegnato suo padre e grazie all’esperienza acquisita nel tempo.
Un giorno – si era in estate –, egli sedeva per terra, nel cortile assolato di una casa colonica, intento al proprio lavoro. A un tratto, fra il chiocciare delle galline che razzolavano attorno, si sentì chiamare per nome.
Alzò la testa e vide, alta e massiccia, la nota figura di don Alfredo, possidente terriero.
«Come va?» questi chiese, in piedi davanti all’ombrellaio, le mani intrecciate sulla pancia prominente.
«Salute a voi!» Libero disse, toccandosi col dito, in segno di rispetto, la floscia visiera del suo copricapo.
«E gli affari?! Come vanno gli affari?» domandò, incalzante, il ricco signore.
«Potrebbero certo andar meglio ma, tutto sommato, non mi lamento. Guadagno quel poco che basta a sfamare la mia famigliola…»
«…e a correre all’osteria,» lo prevenne l’altro con un sorrisetto beffardo. «Credi forse che io non lo sappia?»
«No, don Alfredo! Vi sbagliate! Sicuramente vi hanno informato male.»
«Ma davvero?!»
«Sarei un incosciente se sciupassi denaro in vino o futili cose. E io incosciente, vi assicuro, non lo sono, perché, ripeto, ho una famiglia da mantenere…»
«Sì, sì, la famiglia!»
«La mia famiglia, appunto! Voi, per la vostra, non vi togliereste il pane di bocca? Non fareste continuamente dei grossi sacrifici? Non rinuncereste ai vostri…»
«Ma guadagni davvero così poco?» lo interruppe il ricco signore, per evitare che l’ombrellaio andasse a parare chissà dove.
Il vecchio Libero, allora, smise momentaneamente di lavorare e si grattò, con fare distratto, tra l’ispida barba di una guancia.
«Che volete!» rispose. «Oggigiorno son tutti gran signori. Se hanno un ombrello appena malconcio lo buttano via, senza star lì a pensarci due volte. Giusto in campagna vi sono di quelli che invece lo dànno ad aggiustare, perché si sa: i contadini son tanto tirchi che un ombrello se lo fanno durare cent’anni
«E di questo ti vuoi lamentare?»
«Io lamentarmi?! Nossignore!» rispose l’altro crollando il capo. «Dico anzi: sia benedetta l’avarizia dei contadini, senza la quale morremmo di fame, la mia famiglia e io.»
Don Alfredo rise, forse credendo che l’ombrellaio avesse pronunciato chissà che facezia. Dopo di che, senza salutare, voltò le spalle e andò via.
Libero stette a osservarlo per un po’, quindi emise un breve sospiro; infine, sollevando appena le spalle, riprese il lavoro.

Nessun commento:

Posta un commento