Diversi anni fa, il vecchio Libero andava di casolare
in casolare, per la vasta campagna aquinate, riparando ombrelli. Faceva assai
bene il suo mestiere, secondo quanto gli aveva insegnato suo padre e grazie all’esperienza
acquisita nel tempo.
Un giorno – si era in estate –, egli sedeva per
terra, nel cortile assolato di una casa colonica, intento al proprio lavoro. A un
tratto, fra il chiocciare delle galline che razzolavano attorno, si sentì
chiamare per nome.
Alzò la testa e vide, alta e massiccia, la nota
figura di don Alfredo, possidente
terriero.
«Come va?» questi chiese, in piedi davanti all’ombrellaio,
le mani intrecciate sulla pancia prominente.
«Salute a voi!» Libero disse, toccandosi col
dito, in segno di rispetto, la floscia visiera del suo copricapo.
«E gli affari?! Come vanno gli affari?» domandò,
incalzante, il ricco signore.
«Potrebbero certo andar meglio ma, tutto
sommato, non mi lamento. Guadagno quel poco che basta a sfamare la mia
famigliola…»
«…e a correre all’osteria,» lo prevenne l’altro
con un sorrisetto beffardo. «Credi forse che io non lo sappia?»
«No, don
Alfredo! Vi sbagliate! Sicuramente vi hanno informato male.»
«Ma davvero?!»
«Sarei un incosciente se sciupassi denaro in
vino o futili cose. E io incosciente, vi assicuro, non lo sono, perché, ripeto,
ho una famiglia da mantenere…»
«Sì, sì, la famiglia!»
«La mia famiglia, appunto! Voi, per la vostra,
non vi togliereste il pane di bocca? Non fareste continuamente dei grossi sacrifici?
Non rinuncereste ai vostri…»
«Ma guadagni davvero così poco?» lo interruppe il
ricco signore, per evitare che l’ombrellaio andasse a parare chissà dove.
Il vecchio Libero, allora, smise momentaneamente
di lavorare e si grattò, con fare distratto, tra l’ispida barba di una guancia.
«Che volete!» rispose. «Oggigiorno son tutti
gran signori. Se hanno un ombrello appena malconcio lo buttano via, senza star
lì a pensarci due volte. Giusto in campagna vi sono di quelli che invece lo
dànno ad aggiustare, perché si sa: i contadini son tanto tirchi che un ombrello
se lo fanno durare cent’anni.»
«E di questo ti vuoi lamentare?»
«Io lamentarmi?! Nossignore!» rispose l’altro
crollando il capo. «Dico anzi: sia benedetta l’avarizia dei contadini, senza la
quale morremmo di fame, la mia famiglia e io.»
Don Alfredo rise, forse
credendo che l’ombrellaio avesse pronunciato chissà che facezia. Dopo di che,
senza salutare, voltò le spalle e andò via.
Libero stette a osservarlo per un po’, quindi
emise un breve sospiro; infine, sollevando appena le spalle, riprese il lavoro.
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