lunedì 29 maggio 2017

C’ERA UNA VOLTA LA SERENATA di Camillo Marino

Molto raramente, oggi, si fa ricorso alla serenata per trasmettere un messaggio d’amore, un sentimento affettuoso alla persona cara, oppure per fare omaggio a qualcuno in occasione di un evento o in momenti particolari: la nascita di un bambino, il conseguimento di un titolo di studio, un risultato brillante alla prova di un concorso, la vigilia delle nozze ecc.
Gli esempi si potrebbero allungare.
Una cosa è certa: rispetto a qualche decennio fa la serenata, assieme a tanti altri aspetti di costume, è oggi scarsamente praticata.
Chi, dai nostri antenati, non ha sentito raccontare di serenate appassionate dedicate al chiarore lunare alla persona amata?
Non di rado accadeva ricevere sulla testa abbondanti annaffiate di “liquido” non sempre potabile, che veniva scaricato sul “concertino” da qualche vicino seccato per il disturbo subito nell’ascoltare le serenate, per quanto eseguite con grande impegno e foga.
In passato la serenata era una cosa molto seria, veniva fatta di frequente con la speranza di giungere a segno, di mettere a frutto l’esibizione, di ricevere non soltanto consensi, ma anche di fare breccia nei sentimenti della persona desiderata.
È anacronistico pensare, al di fuori di un revival soltanto, che la serenata possa tornare ad essere il mezzo più efficace per promuovere una relazione amorosa. Gli oggetti, le cose che non si usano più hanno avuto lo stesso destino dei fatti di costume del passato: sono stati travolti dalla civiltà del consumo e del benessere.
Occorre una inversione di tendenza, l’esigenza, il tangibile piacere di riscoprire cose, costumanze, modi di essere di una volta, patrimonio prezioso per la nostra cultura.

Nessun commento:

Posta un commento