lunedì 15 maggio 2017

IL TUTTOFARE DELLE VALLI di Tommaso Di Brango


Nella contrada Valli lo chiamavano per i lavori più diversi e questo gli aveva permesso di ottenere una buona fama anche tra Aquino e Pontecorvo. Peppino senza lavorare non ci sapeva stare e chi lo conosceva bene diceva che, più che dall’amore per i soldi – che pure guadagnava abbastanza –, pareva essere mosso da una frenesia, una curiosa febbre che lo faceva sentir male se stava con le mani in mano. Faceva di tutto: dal muratore al contadino al commerciante. Sapeva pure suonare la fisarmonica per le serenate.  
Così accadde che questo volenteroso figlio di contadini, per lavorare tutto il giorno tutti i giorni, fosse arrivato alla bella età di ventisei anni senza sposarsi e senza nemmeno pensare di poterlo fare. Per la verità non mancavano le ragazze che spasimavano per lui, perché era un bel giovanotto e poi, con tutto il lavoro che si trovava, era pure un ottimo partito: era proprio lui che di certe cose sembrava non voler nemmeno parlare. Una sera, però, accadde un fatto destinato a cambiare la vita di Peppino.
Si trovava, insieme a due cantori e un mandolinista, a Pontecorvo per una serenata sotto casa di Luisetta Michelozzi: li aveva chiamati Errico Bruni, che Peppino aveva conosciuto facendo il mercato del lunedì vicino al fiume Liri. D’un tratto, però, mentre allargava e restringeva il mantice, Peppino, coi suoi occhi sempre stretti, vide un’ombra muoversi alle spalle di Luisetta, che si era affacciata sul balcone di casa. La cosa lo turbò abbastanza, tanto che smise di suonare e fece il capo in avanti come per vedere meglio e, mentre cantori e mandolinista si accorgevano dell’accaduto, notò che il riflesso della luce della lampada a olio si stampava sull’acciaio della canna di un fucile.
«Via!», gridò terrorizzato Peppino, ma non riuscì nemmeno a pronunciare il suono di questa parola che la sua voce venne sovrastata dal colpo secco sparato dall’arma e la terra in cui si conficcò il proiettile si sollevò come una minaccia. Il gruppo riuscì a mettersi in fuga mentre la mano che aveva fatto partire quel colpo armava nuovamente il fucile e sparava ancora, stavolta colpendo Peppino alla coscia destra e lasciandolo cadere al suolo tra grida e lancinanti dolori. L’obiettivo di quelle fucilate, ovviamente, non era lui ma Errico, che senza dir niente a nessuno aveva deciso di forzare la mano e fare la serenata pur sapendo che il padre di Luisetta non avrebbe mai acconsentito al matrimonio: ma spesso, nella concitazione, si spara nel mucchio e quel che si piglia si piglia.
Alla fine non ci furono morti: i due cantori presero Peppino a spalla, lo trascinarono via e insieme al mandolinista lo riportarono dai genitori alle Valli. Lì il proiettile venne estratto e la gamba fasciata ma quel giovanottone dai capelli rossicci dovette andare incontro a una punizione forse anche peggiore della fucilata, e cioè star fermo a letto per un mese in attesa di rimettersi. Come avrebbe fatto passare i giorni? Guardando il soffitto? Preso da questi pensieri Peppino giurò a se stesso che, appena tornato in piedi, avrebbe fatto la festa a Errico.
Immediatamente i vicini iniziarono a far visita al malato e, dopo un paio di giorni, vennero pure i Panzetti, vecchi amici di famiglia con Giovannina, una bella figliola ancora da maritare, al seguito. Si trattò di un incontro gradevole tra brave persone di lunga frequentazione, Peppino si sentì trattato amorevolmente da Teresina Panzetti che, in qualche modo, lo guardava come se fosse un po’ figlio suo. Ma, al termine di quel bel pomeriggio, accadde l’imprevisto, perché Giovannina disse che per nessun motivo al mondo sarebbe uscita da casa di Peppino. Voleva sposarlo e sarebbe stata disposta a far parlare tutta la contrada Valli se necessario.
La cosa, in effetti, gettò nell’imbarazzo le due famiglie. Da che era piccola Giovannina era innamorata di Peppino e questo si sapeva: ma un gesto del genere avrebbe messo i Panzetti sulla bocca di tutti i vallesi e, forse, la voce sarebbe arrivata addirittura ad Aquino e Pontecorvo. Sarebbe stato uno scandalo come non se ne sentivano da anni, forse da secoli in quelle terre.
Mentre i genitori di Peppino guardavano esterrefatti il pallore dei coniugi Panzetti, i quali a loro volta parevano scusarsi con gli occhi di fronte a quei vecchi amici, accadde però un altro imprevisto. Dal suo letto, infatti, il giovane tuttofare delle Valli fece come per mettersi seduto e disse che accettava volentieri di fidanzarsi con Giovannina e, dopo aver fatto i dovuti preparativi, di prenderla in sposa. La conosceva da una vita, come da una vita conosceva i suoi genitori, e sapeva benissimo che una ragazza e una famiglia migliore di quella non avrebbe mai potuto trovarla nemmeno se fosse arrivato fino a Frosinone. E poi, dopo aver preso in corpo una fucilata, aveva capito che i fiori, nella vita, vanno colti quando ci sono, perché un attimo dopo potrebbero non esserci più.
Naturalmente le due famiglie non accettarono subito di buon grado la cosa. Per mandar giù affari del genere ci vuole tempo e pazienza. L’immediato assenso di Peppino, però, avrebbe permesso a Giovannina di non piazzarsi in pianta stabile in casa sua e di evitare, con ciò, lo scandalo. Quanto alle sostanze, poi, le due famiglie erano più o meno pari, e quindi non c’era problema. Così, dopo qualche tempo, Peppino e Giovannina si sposarono e da quel matrimonio nacquero ben undici figli.  

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