Per Aquino la voce aveva cominciato a diffondersi con la celerità
propria di certe notizie ‘piccanti’: “Vogliono
portarsi San Tommaso a Sora!”.
Ma anche a creare qualche preoccupazione: “Va a finire che non ce lo ridanno più!”
Una variazione sul tema, del resto, dava per scontato addirittura una
vendita del Santo da parte del clero locale. E, a peggiorare la situazione,
provvide quella ‘voce’ secondo cui “Cicchètte”, al secolo Tommaso Treta, di
professione falegname, stava approntando una grossa cassa da utilizzare per il
trasporto del Santo.
Ovvero della statua del Santo, perché era di questa che si trattava.
All’origine naturalmente c’era un motivo ben preciso: nel centenario
della canonizzazione del Santo di Aquino, il vescovo del tempo, mons. Antonio
Maria Iannotta, aveva indetto un Congresso Eucaristico Interdiocesano, da
tenersi a Sora per la fine di agosto del 1924, al quale era associata la
commemorazione dell’Angelico dottore.
Anche se si trattava di una
vacanza piuttosto breve, la cosa non andò per niente a genio a una parte degli
aquinati i quali, forse perché non erano stati opportunamente informati
sull’iniziativa o, piuttosto, per via di una naturale diffidenza, si misero
all’erta in attesa dell’evolversi della situazione. Cosicché quando si seppe
che la cassa era pronta e la spedizione della statua stava per concretizzarsi
ci fu una mezza sollevazione popolare, affermano le fonti che ricordano
l’episodio, totalmente orali, che si concretizzò addirittura nel ‘sequestro’
della statua stessa la quale, per precauzione, venne collocata nella piccola
chiesa dedicata a San Magno, «di patronato della famiglia Frezza» (Pasquale
Cayro, Storia sacra e profana/2, pag.
23), allora esistente nell’attuale via Cavour, poco più avanti del seminario.
Intervennero ovviamente anche i carabinieri. Ma non
riuscirono a fare più di tanto. Anzi, raccontano le stesse fonti, uno di essi
venne addirittura disarmato da una donna del popolo la quale, mostrando poi la
pistola al suo legittimo possessore, gli disse che non era proprio il caso di
utilizzarla. Anzi, tutt’al più, se proprio voleva usarla, se la doveva mettere
in quel posto: sta di fatto che il povero carabiniere dovette penare un bel po’
prima di rientrare in possesso dell’arma ed evitare così guai peggiori.
Così la grande statua di San Tommaso rimase “sotto
sequestro”. Semmai, dissero i “contestatori”, a Sora si può sempre portare
l’altra, quella a mezzo busto, cioè, che, oltre tutto, è anche più antica e
dunque più pregevole.
Ma, ovviamente, questo ‘suggerimento’ non venne recepito
e si optò così da parte del clero per la statua del Santo venerata a Roccasecca
la quale trasse il suo quarto d’ora di celebrità da quello che, secondo mons. Crescenzo
Marsella (I Vescovi di Sora, pag.
284), fu un grande evento. Egli, infatti, scrive che «sette eccellentissimi
vescovi e l’eminentissimo cardinal Legato Camillo Laurenti, inviato speciale
del Papa, intervennero a Sora il 29, 30 e 31 agosto 1924 per celebrare le feste
dell’Agnello divino e dell’angelo delle scuole. Ricordo ancora», riferisce
sempre mons. Marsella, «quella selva di bandiere e d’insegne sotto i raggi
d’oro del tramonto estivo, che si spiegava per le vie di Sora, la povera città
distrutta dal terremoto. Era una falange fiorente di gioventù e di vita, un
corteo interminabile di associazioni cattoliche, di confraternite schierate che
incedevano al canto festevole degl’inni e dei salmi con tutti i parroci e i
sacerdoti convenuti dai paesi delle tre diocesi, seguiti dai vescovi, dal
cardinale, dalle autorità, da un’immensa fiumana di popolo».
C’è da supporre che ad Aquino la cosa fece né caldo né
freddo. Anzi, il popolo ‘contestatore’, felice di aver evitato al buon
“Tomasone” quella vacanza sorana che si riteneva piena di rischi, celebrò
l’evento di cui si era reso protagonista addirittura elaborando una canzoncina
che faceva grosso modo così: “Gl’arciprevete
d’Aquine/ s’àve arraiate pe gli quadrini. / Pè gli quadrini e pè gli denari /
s’anne ‘mpegnate Sante Tumase/”. Eccetera, eccetera, eccetera.
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