lunedì 1 maggio 2017

IL CANTO DEGLI AQUINATI di Vincenzo Pelagalli

Il nostro canto, il nostro Evviva Maria!, è, senza dubbio, uno dei più belli tra quelli che le varie Compagnie cantano andando a Canneto.
Non dico questo per amor del campanile, lo dico riferendo il giudizio di musicisti per cultura e professione.
Uno di loro, per alcuni anni, ha registrato, per meglio studiarli, tutti i canti ed ha stilato una specie di classifica, ponendo il nostro al primo posto insieme ad altri due, anche se, a suo dire, all’esecuzione attuale, mancano delle acciaccature, tanto in uso, in questo tipo di canto, all’epoca in cui fu composto (fine ‘800).
Nessuno, tra i responsabili della Parrocchia o della Compagnia, ha saputo dirmi chi sono stati gli autori, ma sia il testo che la melodia rivelano grande sensibilità artistica e grande competenza specifica da parte di ognuno di loro.
La strofa iniziale, che è come il prologo nei grandi poemi in cui il poeta invoca la musa ispiratrice, chiama a raccolta la parte più bella e più nobile dell’uomo: il cuore e la mente, gli affetti e i pensieri e lo invita a lodare Maria e chi la creò.
Il testo si snoda nelle sue trentanove strofe, di quattro versi ciascuna, sottolineando momenti della vita della Vergine e di Gesù.
Non voglio soffermarmi sull’analisi del testo ma non posso evitare di sottolineare come esso sia ricco di riferimenti teologici e dogmatici.
La melodia, che la trasmissione orale, di generazione in generazione, ha fatto giungere fino a noi, ha un andamento lento, come si addice al passo del pellegrino, ma solenne e maestoso.
Nella Nostra Compagnia, che in modo alquanto singolare, per tradizione, non sostiene il canto con strumenti musicali, la strofa è cantata da un piccolo gruppo di donne, definite soliste, tra cui mia madre; il ritornello, invece, è affidato alla possente massa corale di tutti i pellegrini ed è un vero e proprio urto che scuote l’anima fino alle radici e la mette a nudo.
(da: La mia Canneto)

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