lunedì 4 settembre 2017

COMPAESANI di Peppe Murro

Si era messo il migliore dei vestiti che aveva: certo, qualche ricucitura qua e là e forse non era stirato a dovere, ma era pulito, tanto che neppure la domenica gli andava di metterlo per non rovinarlo.
Prese una busta di plastica e vi mise con cura la bottiglia di spumante che aveva incartato con un giornale; prese dal tavolo anche il panettone confezionato, quello con le uvette che gli piaceva tanto e lo ripose con cura accanto alla bottiglia.
Aveva deciso di non bere quel giorno, sapeva che anche un solo bicchiere lo faceva sbronzare...e poi, se si metteva a bere, non era mica sicuro di riuscire a smettere. Era quasi Natale e voleva andare a trovare la figlia che abitava a Cassino: le portava in regalo le cose della busta, ma forse il regalo più vero era quel padre per una volta sobrio, non il solito ubriacone che il paese conosceva.
Fece con calma la salita della parte vecchia di Aquino, salutò con un gesto Ceppetta e Peppino Spada...vado a fare gli auguri a mia figlia, disse contento. E continuò, stranamente leggero.
La piazza gli si aprì col suo spazio luminoso, ma lui si tenne di lato come se volesse evitare ogni incontro. Raggiunse la fermata dell'autobus, lì, vicino al bar che non volle neppure guardare, tanto che si mise di spalle, in un nervoso e fragile silenzio.
Non tacquero però gli avventori del bar, e tra sghignazzi e battute presero a chiamarlo: ehi, ma dove vai tutto acchittato? vieni qui a farti un goccetto... e già pregustavano la scena, scambiandosi occhiate e gesti d'intesa.
Non rispose, continuò a volgere loro le spalle.
Allora i più decisi e scalmanati, giovinastri forse o stolidi compagni di vecchie bevute, si fecero più sfrontati, qualcuno si avvicinò, mettendogli una mano sulla spalla, qualcuno rovistò nella borsa...che ci porti qua dentro?
Dovette rispondere per forza...vado a trovare mia figlia, le porto qualcosa per Natale...
Altre risate sguaiate...è presto per l'autobus, dai vieni a farti un bicchiere...e via a spingerlo verso il bar, con le occhiate complici della malevola cattiveria di chi vuole ridere delle debolezze altrui.
Qualcuno gli mise sotto il muso un bicchiere di vino, girò la testa con un debole diniego; quasi lo forzarono a rigirarla e gli portarono il bicchiere alle labbra, fidandosi dei suoi vizi.
Mi fecero ubriacare, mi sono ritrovato su una sedia e accanto a me ho trovato solo una bottiglia vuota incartata e la scatola vuota del panettone, bisbigliò come in un sospiro. Quel giorno non sono più andato a fare gli auguri a mia figlia.
Stavamo seduti sull'unico gradino della sua casa, io guardavo i suoi occhi, il colletto consunto della sua camicia, la sua rassegnata amarezza . Non ci furono altre parole, mi vergognavo di fare foto a quello che avevo visto come un personaggio ed era invece una persona.
Rosino si chiamava, anima delicata e fragile come il fiore di cui portava il nome.
Rosineglie, per i suoi immeritevoli compaesani.  

 

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