Si
era messo il migliore dei vestiti che aveva: certo, qualche ricucitura qua e là
e forse non era stirato a dovere, ma era pulito, tanto che neppure la domenica
gli andava di metterlo per non rovinarlo.
Prese
una busta di plastica e vi mise con cura la bottiglia di spumante che aveva
incartato con un giornale; prese dal tavolo anche il panettone confezionato,
quello con le uvette che gli piaceva tanto e lo ripose con cura accanto alla
bottiglia.
Aveva
deciso di non bere quel giorno, sapeva che anche un solo bicchiere lo faceva
sbronzare...e poi, se si metteva a bere, non era mica sicuro di riuscire a
smettere. Era quasi Natale e voleva andare a trovare la figlia che abitava a
Cassino: le portava in regalo le cose della busta, ma forse il regalo più vero
era quel padre per una volta sobrio, non il solito ubriacone che il paese
conosceva.
Fece
con calma la salita della parte vecchia di Aquino, salutò con un gesto Ceppetta
e Peppino Spada...vado a fare gli auguri
a mia figlia, disse contento. E
continuò, stranamente leggero.
La
piazza gli si aprì col suo spazio luminoso, ma lui si tenne di lato come se
volesse evitare ogni incontro. Raggiunse la fermata dell'autobus, lì, vicino al
bar che non volle neppure guardare, tanto che si mise di spalle, in un nervoso
e fragile silenzio.
Non
tacquero però gli avventori del bar, e tra sghignazzi e battute presero a
chiamarlo: ehi, ma dove vai tutto acchittato? vieni qui a farti un
goccetto... e già pregustavano la scena, scambiandosi occhiate e gesti
d'intesa.
Non
rispose, continuò a volgere loro le spalle.
Allora
i più decisi e scalmanati, giovinastri forse o stolidi compagni di vecchie
bevute, si fecero più sfrontati, qualcuno si avvicinò, mettendogli una mano
sulla spalla, qualcuno rovistò nella borsa...che ci porti qua dentro?
Dovette
rispondere per forza...vado a trovare mia
figlia, le porto qualcosa per Natale...
Altre
risate sguaiate...è presto per l'autobus,
dai vieni a farti un bicchiere...e via a spingerlo verso il bar, con le occhiate
complici della malevola cattiveria di chi vuole ridere delle debolezze altrui.
Qualcuno
gli mise sotto il muso un bicchiere di vino, girò la testa con un debole
diniego; quasi lo forzarono a rigirarla e gli portarono il bicchiere alle
labbra, fidandosi dei suoi vizi.
Mi fecero ubriacare, mi sono ritrovato
su una sedia e accanto a me ho trovato solo una bottiglia vuota incartata e la
scatola vuota del panettone, bisbigliò come in un sospiro. Quel giorno non sono più andato a fare gli
auguri a mia figlia.
Stavamo
seduti sull'unico gradino della sua casa, io guardavo i suoi occhi, il colletto
consunto della sua camicia, la sua rassegnata amarezza . Non ci furono altre
parole, mi vergognavo di fare foto a quello che avevo visto come un personaggio
ed era invece una persona.
Rosino
si chiamava, anima delicata e fragile come il fiore di cui portava il nome.
Rosineglie,
per i suoi immeritevoli compaesani.
Bello
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